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“In Buzara”.

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Scampi in Buzara pomodoro concentrato pane vino cipolla
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“Scampi in Buzara” significa scampi cotti in un’unica pentola (tecia), la buzara. Il nome stesso indica il metodo: tutto cuoce insieme in un solo recipiente. Per questo si dice “in Buzara” e non “alla Buzara”.

Non è nelle mie corde dare ricette, specie se la ricetta è una leggenda. La libertà di potersi contraddire subito è proprio una bella cosa. Così di seguito ti lascio la mia ricetta, confidando sulla tua curiosità e la clemenza di lettore.

Il pescato è reddito e il pesce migliore si vende. Al pescatore dei nostri mari, resta poco per il brodetto o il cacciucco o in Busara. Chi pesca scampi con le nasse sui fondali sabbiosi, vicino alle pareti rocciose, tiene per sé quelli piccoli o rovinati non vendibili. Gli altri finiscono sulla griglia o al modo moderno: crudi.

Per il pescatore dalmato, poi triestino il sugo è fatto di: cipolla, conserva, un po’ d’olio, un po’ d’aceto e il pane. Ingredienti che a bordo non mancavano. Oggi il più prezioso e introvabile ingrediente è l’aceto. Acidità sotto il 6%, leggermente alcolico ma dolce. Insomma, ci vuole quello fatto in casa. Tanto facile da fare, quanto assente in quasi tutte le cucine. Nella mia c’è.

Olio ben caldo. Dentro la cipolla. Più è fine e regolare, meglio è. In barca uno dell’equipaggio era l’addetto a tagliare la cipolla perfetta. Nulla valevano le lacrime. Se sbagliava, lo buttavano a mare o lo mollavano su un’isola deserta. La cipolla frigge, cambia colore e diventa bionda. Ora non si può rispondere al telefono! Alzo la fiamma e metto l’aceto. A volte uso il bicchiere di buon bianco che sto bevendo. Bevo vino secco!

Subito dopo, due o più cucchiai di concentrato di pomodoro. Senza esagerare. Deve solo dare colore. La conserva rilascerá l’acidità. Pelati e pomodorini avrebbero dato una nota dolce stucchevole.
Il vapore che riempie la cucina sa di alcool. Aspetto svanisca. Ora ci vanno due cucchiai d’acqua calda, quel tanto che basta a creare un po’ di sugo senza fermare la cottura. È il momento degli scampi. Per quelli più piccoli ho diviso le teste da una parte, code dall’altra. Con gli scampi interi via, tutto in padella. Sale quanto basta, una mescolata.

Inevitabile: un peperoncino, ci sta. Copro.

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Sono termini esatti che definiscono delle pentole in forma, volumi e utilizzo precisi. Noi a Trieste traduciamo i termini professionali in termini universalmente riconosciuto e quindi: “ciolemo una tecia”. Poi puliamo gli scampi togliendo le zampe laterali, la testa e le chele più piccole. Schiacciarmo leggermente le teste per favorire l’estrazione dei sapori. Per non perdere nessun liquido il lavoro va fatto sopra la sautè (tecia) dove tutto andrà tostato. Mettiamo un filo d’olio sul fondo e facciamo rosolare le teste e tutte le parti separate dalle code degli scampi. Assieme soffriggiamo anche le verdure tagliate grossolanamente per non rischiare di bruciarle: cipolla, sedano e carota, a fuoco vivo fino a doratura. Sfumare con ghiaccio che copra completamente gli “scarti” degli scampi per bloccare la rosolatura ed estrarre i succhi. Portare a bollore e lasciar sobbollire per 20-25′ (non oltre i 45′).

Passare tutto al passaverdura per ottenere un brodo che si chiama: “bisque di scampi”.

In una casseruola, preparare un soffritto con cipolla tritata fine e un filo d’olio. Cuocere a fuoco dolce, mescolando spesso in presenza e con attenzione fino a doratura. Quando si fa il soffritto non si fa altro. Versare il bicchiere di Brandy e attendere l’evaporazione dell’alcol. Aggiungere concentrato di pomodoro o conserva. Mescolare bene e lasciar insaporire per 20/25 minuti. Unire le code di scampi e la bisque, quindi cuocere per 5/10 minuti. Presto gli scampi saranno cotti. Regolare di sale e, se gradito, aggiungere un peperoncino non troppo piccante per un ultimo tocco. Nella tradizione veneta-istriana, il peperoncino è più comune del pepe nei piatti di mare. Il suo calore si amalgama meglio con il pomodoro e gli scampi, senza coprirne la delicatezza. Il pepe, invece, tende a risultare più invadente nel contesto di questa ricetta. Il problema grande sarebbe poi decidere quale pepe ma ne parleremo.

Servire ben caldo.

Gli scampi in Buzara si mangiano con gusto e con le mani. Niente del prezioso sugo va sprecato e per questo si può abbinarlo nel modo che si preferisce tanto alla fine le dita saranno sporche di sugo. Spaghetti classici o mezze maniche? Perfetti per raccogliere il sugo e impregnarsi di sapore. Gnocchi? Versione ricca, casalinga, accogliente per chi vuole una pasta che trattiene il condimento. Magnifici quelli della trattoria “Alla Bella Trieste”. Pane? Dall’inizio alla fine sempre la scelta più golosa e soddisfacente.

La scelta giusta? indifferente. Tanto alla fine resterà la voglia di un’altra scarpetta.

L'immagine è una foto in bianco e nero che riproduce delle padelle appese rendendo la foto quasi astratta.
“Le Tece” di Stefano Visintin.

Gli scampi in Buzara sono un piatto dell’Adriatico, ma nella pentola c’è una storia che profuma anche di Francia. Qui da noi Dalmazia e Francia si incontrano in cucina grazie a due dettagli tecnici: la bisque e la scelta della pentola che noi triestini semplifichiamo in: “cior la tecia”.

La Buzara ha bisogno di concentrazione, non di evaporazione inutile. Quindi ci va la casseruola. Perfetta per la bisque, il brodo intenso che sta alla base del piatto è un’invenzione che deve qualcosa a Auguste Escoffier. Lui la bisque l’ha codificata, ma probabilmente i pescatori dalmati la facevano inconsapevoli nella pentola giusta da secoli senza preoccuparsi dei manuali.

Il sauté? Si è una pentola e non una salsa francese. La migliore “tecia” per la cottura finale. Bordi alti il giusto, base larga, manico lungo, perfetta per rosolare e ridurre senza far asciugare tutto troppo in fretta..

La base della ricetta l’abbiamo vista ma “gli scampi in Buzara” come qualunque ricetta accoglie tante variazioni. La creatività è l’anima della cucina.


Nelson che ne avrebbe disapprovato l’uso in cucina avrebbe preferito versarselo direttamente nel bicchiere. Ma il Brandy è un’aggiunta molto interessante. Mi piace pensare alle grandi navi e ai cuochi di bordo che fiammeggiavano le Crêpe Suzette o gli scampi, i gamberoni… Gran Marnier e Brandy! Così la scelta di irrorare gli scampi in Buzara con il prezioso liquore. Il brandy non aggiunge zuccheri al piatto tipica dei vini fortificati. lo si può usare anche assieme al vino bianco secco 50% e 50%. Lascerà il sugo con un gusto più robusto ma profumato. Da provare assolutamente!

Esistono anche Madeira più secchi non solo dolci. La cosa divertente è che grazie a lui l’acidità del pomodoro si smorza ma la sua nota acidula determina a mantenere il sapore “vivace”. Con questo vino “tostato” dolcezza e acidità fanno una gara raffinata che si gioca agli ultimi metri. Ma la glassa, il finto fondo bruno che si forma saranno inimitabili. Occhio che sia un Dry! No non è un errore. Nel Madeira la classificazione è opposta a quella dello Champagne. Il vitigno o il vino omonimo “Sercial” sono Dry: secchi ma ci pensa la botte a dargli la giusta morbidezza.

Se non vuoi creare un dessert salato dosa con attenzione il Porto. Guai ad usare un Tawny! Bisogna obbligatoriamente orientarsi su un giovane Ruby. Meglio se 50% vino bianco e 50% Porto. Anche con lui la salsa si addenserà e ti potrai sentire un vero gourmet ad ottenere il giusto equilibrio. Non aver paura. Si può sempre aggiustare il tiro con una goccia di aceto o ulteriore vino bianco ma se usi il triplo concentrato di pomodoro potrebbe essere la scelta giusta per controllare meglio il delicato equilibrio dolce-acido del Porto-pomodoro.


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